Il malessere dei pescatori italiani, manifestato nei giorni scorsi rispetto al regime sanzionatorio previsto della legge 154, ha radici lontane e nasce dalla profonda disattenzione verso il settore da parte delle istituzioni e del paese. Ed è da questa realtà che occorre partire per trovare delle soluzioni in grado di dare una speranza e un futuro occupazionale nel rispetto delle opinioni di tutti e dell’adesione volontaria alle manifestazioni che in questi giorni si sono tenute a Roma.
Così come è giusto rispettare le regole è anche giusto che le sanzioni previste per la violazione di queste regole siano eque e proporzionate al valore dell’attività economica esercitata. Per questo crediamo che il parlamento debba rivedere quella legge, approvata lo scorso luglio senza nessun voto contrario, per smussarne gli aspetti giudicati più iniqui.
Ma occorre fare di più. Grazie alla nostra azione nei mesi scorsi, l’attenzione della politica è
cresciuta: è stata rifinanziata la cassa integrazione in deroga per il 2016 ed istituito il Fospe, uno strumento innovativo e positivo, la cui dotazione finanziaria di 1 milione di euro è ancora insufficiente a garantirne lo start-up e a divenire il vero sistema di ammortizzatore sociale di cui il settore ha estremo bisogno. I pescatori chiedono di essere ascoltati e di essere protagonisti delle scelte che li riguardano.
Certamente la pesca non può essere una giungla senza regole ma non si possono stabilire delle regole, a volte molto complesse e confuse, senza ascoltare la voce di chi quelle regole deve applicare malgrado le ritenga sbagliate e inefficaci.
Occorre lavorare per ridurre la distanza tra pescatori e istituzioni. È necessario, quindi, rafforzare il percorso di confronto con tutto il mondo della rappresentanza della pesca per riuscire a costruire soluzioni condivise ed efficaci da portare anche nel confronto con l’Unione europea.
Roma, 3 marzo 2017